Dall’individuazione delle personalità con mentalità logico matematica, si è ben presto passati alla replica di questo tipo di modo di ragionare nella progettazione di robot, strumenti di intelligenza artificiale e replicanti. Questi argomenti sono infatti oggi all’ordine del giorno e appassionano persone di ogni genere ed età perché coinvolgono, non solo robot e sistemi di intelligenza artificiale di alto livello per la NASA o per istituti scientifici speciali, ma anche perché le scoperte si ritrovano poi nella realtà quotidiana.

Basta pensare a sistemi robotici che si possono impiegare per la pulizia di casa o per cucinare, ai sistemi domotici per gestire gli impianti di casa o anche alle semplici simulazioni di giochi per allenarsi, come quelli su www.videoslotmachineonline.it.  A seguire le evoluzioni di questo settore, quindi, ci sono tutti coloro che sono curiosi relativamente al progresso matematico-informatico e alle innovazioni tecnologiche. Se da una parte queste innovazioni incuriosiscono, però, dall’altra incutono anche molto timore.

Spaventano in generale il possibile annullamento dei rapporti umani, la riduzione dei posti di lavoro per le persone e l’eventualità di una “sottomissione” dell’umanità. È proprio sulla base di queste paure e sul crescente ingresso dei robot nella realtà di ogni giorno che affonda le radici una famosa, benché bizzarra, teoria di Bostrom di una quindicina di anni fa, rispuntata qualche giorno fa sulla bocca niente poco di meno che di Bill Gates, il guru dell’informatica.

La teoria dell’egemonia delle macchine: da Bostrom a Gates

Il filosofo svedese Nick Bostrom ha formulato una teoria secondo la quale il mondo potrebbe in futuro perire di fronte a una forma di intelligenza artificiale evoluta. Lo strumento “di distruzione” secondo la teoria potrebbero essere le graffette. Il riferimento non è a un’arma sinonimo dei piccoli oggettini di cartoleria, ma si tratta proprio di quelli: quei piccoli prodotti di fil di ferro che si utilizzano per accorpare fascicoletti di fogli e presenti in qualunque cassetto d’ufficio, scrivania, tavolo da lavoro di bambino. Alla base di tutto c’è una probabilità di evoluzione e di apprendimento delle menti artificiali, dal 2003 oggi tra l’altro una realtà.

Si ipotizzi che un cervello artificiale impari il comando di produrre quante più graffette è possibile fare. Egli avrebbe tutti gli strumenti per farlo senza alcun limite: gestirebbe i materiali, la produttività grazie allo sviluppo autonomo di microprocessori quantici, sfrutterebbe sistemi matematico-economici per guadagnare miliardi continuamente, continuando a investire in graffette, senza sprechi, fino a esaurire le risorse della Terra. Sarebbe così la fine dell’umanità, sepolta e dimenticata sotto intere montagne di graffette. Tutto questo senza alcun senso di colpa, senza opportunismo, semplicemente svolgendo al meglio un compito assegnato.

La realtà e la teoria delle graffette

La teoria ovviamente è inverosimile ed è sforzata per far comprendere al meglio, ma di fatto non è impossibile. Essa tuttavia potrebbe accadere se le intelligenze artificiali potessero esplodere, replicandosi autonomamente, cosa che oggi ancora non è accaduta. O meglio, non in misura così catastrofica. Accade però per certi versi ogni giorno quando per curiosità le persone rimangono attonite nel vedere download non comandati sul web, quando per curiosità si ritrovano a digitare cose richieste da finestre spuntate dal nulla etc. Le richieste diventano sempre più incalzanti e anche quando si chiudono le finestre, in realtà esse restano aperte continuando a lavorare. Ecco quindi che il programma informatico, di fatto prende il sopravvento.

Di Grey